martedì 10 aprile 2018

Racconti famigliari


Durante un laboratorio con soggetti Alzheimer (2016)


"Avevo un tesoro di biglie che al pari i suoi occhi erano cocci di bottiglia, eppure quando andava via, tra le mie dita, mi sembrava di tenere un gioco misero. Ero un ragazzino che non sapeva ancora quanto la sabbia potesse bruciare sulla pelle e il sale dissetare da quella bocca. Non imparai mai la sua lingua per non doverle dire che era la mia ragazza. Fu lei a imparare la mia.
Stamani le ho pettinato i capelli sperando di farle trovare dei ricordi. Nei pochi nodi che ho incontrato mi sono chiesto dove siano finiti e in quale cassetto buio della sua memoria io sia stato chiuso.
Pettino una donna assente, le lavo le mani prima di imboccarla, le rimbocco le coperte quando riesce a dormire, la vesto bene anche se non vuole uscire, la bacio quando mi riconosce.
Stasera ho tolto dal pettine i capelli che ho tra le dita, un tesoro che è diventato un gioco misero, eppure continuo a pettinarla nell'attesa che lei ritorni a vedere quello che vedo io. Perché ciò che mi ha sempre fatto restare, - essere il suo ragazzo, - è proprio l'aver saputo che all'inizio abbiamo visto le stesse cose, giocato con le stesse biglie.
Dovrei smettere però, forse la soluzione è questa, di desiderare che lei continui a vedere le cose come le vedo io, e incominciare io a vedere come vede lei. Se fossi io ad aver dimenticato e non lei?".

Angelo Liuzzi Sharp Shot Studio