lunedì 4 maggio 2020

La frode della maggioranza

di Angelo Liuzzi, 4 maggio 2020



Il linguaggio della distanza è il silenzio
dove si manifesta l’abisso del rifiuto.


Qualche mese fa se avessimo incontrato per strada un individuo a volto coperto ci saremmo spaventati o lo avremmo guardato con circospezione. Oggi guardi con sospetto chi ti viene incontro a volto scoperto. Com’è stato facile cambiare un’abitudine consolidata nei secoli! Questo mi fa pensare che forse, ciò che fino a ieri abbiamo creduto necessario per noi esseri umani, la verità, non lo sia più. Eppure non dovremmo aver bisogno di altro per vivere, perché attraverso la verità si possono compiere scelte che ci regalano la salutare sensazione della libertà. Ogni scelta pertanto che si basi su una sua omissione, ci relega in una condizione di cattività.
Forse la ricerca della verità non è per tutti, non so, quello che so è che i più si accontentano di arrivare in fondo al mese solo con una parvenza della libertà, dettata più dai giga che gli restano della connessione che dal cibo sulla tavola. Tutto, il dpcm ha potuto toglierci, tranne la rete! Chissà, così non fosse stato, avremmo gremito le piazze.
Un’altra certezza che ho è sapere che: quello che i popoli di questo mondo non hanno ancora imparato a fare è convivere tra di loro. Lo possiamo considerare un assioma. Molto probabilmente non è nella natura dei popoli, perché è implicita nella natura di questi una differenza di cultura, di credo e di costumi sociali tale che sia insormontabile legarsi gli uni agli altri. A meno che ci sia qualcosa, qualcuno: un evento tale che permetta la momentanea unificazione contro un nemico comune, e quale evento migliore di una pandemia per rendere, in pochi mesi, popoli diversi un popolo unico?
Lo abbiamo visto succedere anche nel linguaggio della comunicazione di massa, come se ad un tratto fosse sempre esistito un modello unico di comportamento, un pensiero unico, persino la scienza si è piegata a questo modello, e chi non rientra in questo sistema è fuori: questo è da sempre l’handicap più grave della democrazia, il quale rispecchia il principio secondo cui la maggioranza vince.
La maggioranza corrisponde e fomenta il pensiero unico.
Le minoranze sono la naturale conseguenza della diversità umana. La maggioranza è una costruzione sociale che serve a mantenere e a gestire un ordine prestabilito, ma una società che si basi sulla maggioranza che non tenesse in considerazione le necessità delle minoranze non è democratica, è una dittatura! Una maggioranza che censura, che nasconde, che elimina gli stimoli che arrivano dal basso, perde ogni valore per la quale è stata ideata, esattamente come la Scienza che ha voluto il posto di Dio, senza rendersi conto che la sua più alta prerogativa fosse quella di dare al suo gregge la libertà di non credere in Lui.
Non dovrebbe meravigliare a questo punto, il moto di resistenza che cerca di ribellarsi a questo sistema, così come non dovrebbe meravigliare, d’altro canto, che questo moto di resistenza venga etichettato facilmente come “complottista”: termine che mina proprio la differenza delle persone che ne fanno parte, cercando di rendere unica una minoranza che unica non è. Rendere queste persone un’unica minoranza serve ad aver un nemico comune da abbattere. Non a caso i complottisti sono associati agli “untori” del virus.
Si capisce così quanto sia più semplice associare un premio nobel per la scienza, - che si sia allontanato dal protocollo standard della maggioranza, - al peggiore dei complottisti, quando non lo si accusi più semplicemente di demenza senile. Qualsiasi cosa dica, chi è fuori dalla maggioranza, non importa, è un complottista!

Oggi non può più essere accettata alcuna forma di resistenza. Tutti devono essere resilienti, per usare un termine alla moda, così come ormai tutti devono perseguire una prevenzione della “malattia”, magari attraverso il vaccino che sembra essere diventato, da un po’ di anni, l’unico modo possibile per essere degni di vivere nella società moderna iper-efficiente, elevata alla quinta potenza, anzi al 5G: ultra-performante!
Un tempo la prevenzione era mangiare sano, mantenersi in forma e magari conoscere quante più cose utili possibili affinché si potesse, per altro, capire che per mangiare sano e mantenersi in forma bisogna avere cura dell’ambiente che ti circonda, degli animali che allevi, delle piante che coltivi… e delle persone che hai intorno.
Oggi per mantenere il tuo stato di salute, che equivale al tuo stato sociale, devi vaccinarti, perché se ti vaccini resti te stesso, non ti ammali.  Non sia mai che la malattia ti renda migliore, perché ti spinge a superarti, a crescere in qualche maniera. Non è questo forse il principio che sta alla base di tute le malattie esantematiche? Diventare più forti.
Vogliono toglierci anche la possibilità di ammalarci. Un vaccino, una cura. Sembra il motto del presidente cinese Xi Jiping: One belt, one road.
Volete toglierci le malattie? Eliminate l’inquinamento di ogni forma e grado. Non è possibile: salute e cultura non fanno reddito. Così è più facile assoggettare una maggioranza attraverso la paura e non chiedere alle minoranze di cosa hanno bisogno perché si sentano, anche loro, un minimo rappresentate. Del resto, chi ci governa, non ha chiesto se volessimo 12 vaccini. Non ha chiesto di sverzare nelle acque e nei cieli gli scarichi delle industrie. Non ha chiesto se andasse bene l’abuso edilizio, il monossido di carbonio, non ha chiesto di restare in casa per non contagiare i più deboli e non ha chiesto di ricoprire tutto col 5G. C’è una maggioranza che vuole tutto questo, che lo crede di vitale importanza, a torto o a ragione, e come per soddisfare il bambino che non ti chiede l’acqua ma ti dice ho sete! ecco servito il bicchiere, perché chi ci governa sa bene di cosa abbiamo bisogno, sa cos’è giusto: e la maggioranza china la testa. Annuisce e beve.
Il bambino è un bambino e può non chiedere, perché chiedere implica conoscere una distanza che non sa o non sa distinguere ancora, è un linguaggio quello della distanza che si apprende con fatica. Questo è il motivo per cui l’amore, per il bambino, è di essere fuso coi genitori, tanto che pretende amore, non lo chiede, così come non chiede l’acqua, dice ho sete!
Siamo cresciuti così, con quest’utopia dell’amore incondizionato e persino chi ci governa vuole farci credere che tanto il vaccino quanto le restrizioni del dpcm siano pensati per il nostro bene. Magari lo sono davvero, ma non hanno chiesto se volessimo il nostro bene, lo hanno imposto terrorizzandoci con fantomatici numeri e sequenze di immagini montate ad arte.
Bisogna educare il bambino a conoscere quella distanza nella quale si impara a chiedere. Per versare l’acqua di una bottiglia nel bicchiere, abbiamo bisogno che tanto il bicchiere quanto la bottiglia si presentino a noi in una forma tale che tra le mani diventi possibile versare l’acqua. Perché allora, per essere amati dobbiamo pretendere di esserlo incondizionatamente, quando nella realtà bisogna assumere una posizione corrispondente?
L’amore incondizionato è l’amore illusorio della maggioranza, del pensiero unico, della resilienza a tutti i costi, della fittizia prevenzione amorevole che ti permette di non infettare il tuo prossimo. In tutto questo il rifiuto viene costantemente negato, come se fosse un’onta dalla quale non si possa guarire. Il rifiuto è in questi termini una malattia di cui vergognarsi, un abisso da dove non si fa ritorno. Si potesse trovare un vaccino per il rifiuto lo avrebbero già trovato.
Io avrei tanto voluto che da piccolo mi avessero insegnato a come reagire al rifiuto e nello stesso tempo a conoscerlo come naturale conseguenza della mia forma imperfetta. Una forma che può essere in altri modi plasmata affinché si potesse presentare, se ne avessi avuto il desiderio, nelle mani di chi avrebbe potuto afferrarla.
Il virus ha amplificato cosa siamo, manifestandoci nella nostra fragilità e nella nostra forza, motivo per cui non possiamo pensare di educare i nostri figli sulle macerie della società che abbiamo distrutto, non c’è un’educazione accettabile senza una società che la rappresenti. Allora mi domando, che società vogliamo lasciare ai nostri figli?
Ad ogni modo, esiste una logica nel regno animale, di cui noi pure facciamo parte, secondo la quale ogni moto, interno ed esterno, debba rispettare rigorosamente un equilibrio tra le forme viventi. Questo pianeta vuole vivere nonostante i nostri sforzi per distruggerlo e quando sarà arrivato il momento di mettere da parte una fetta cospicua della popolazione, per la propria sopravvivenza generale, lo farà senza battere ciglio, come accade nel perenne gioco tra predatore e preda: il fato conduce i consenzienti e trascina i dissidenti.

Oggi, 4 maggio, è l’inizio della Fase 2 del dpcm; sono uscito in auto e per mia enorme sorpresa ho provato fastidio nel vedere il traffico che riprende forma, neppure tanto lentamente. In questi mesi ho goduto degli spazi, dell’aria pulita, del mare cristallino, dell’avvicinarsi degli animali e, per le strade deserte, non mi sono mai sentito solo. Il ritmo biologico del virus ha contaminato prima di tutto lo scandire del mio quotidiano. Provo una profonda fatica a pensare di dover nuovamente confrontarmi con le file, con le persone arrabbiate, con chi cerca di fregarti, con la velocità che per i tempi moderni sembra essere indispensabile.
Mi sento come quel bambino che, svegliato al mattino dai genitori, implora 5 minuti ancora prima di tornare a scuola, ma soffia il vento bisogna vivere, ci si deve alzare dal letto e lavare via quel torpore: lentamente però. Non è detto che proprio tutto debba ritornare a quella normalità che ha permesso al virus di manifestarsi.

So di far parte di una minoranza e so che i tempi davanti a noi si presentano bui, questo non mi impedirà di cercare verità che possano permettermi di andare per le strade fiero di quello che sono e libero.

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